LA CARNE FA MALE?
Carne fresca, rossa o bianca, conservata o processata: conosciamone le differenze, il loro ruolo nell’alimentazione e l’impatto sulla salute.
La carne fresca è tessuto muscolare, costituito per il 20% da proteine, per il 2-10% da grassi e per la rimanente parte da acqua. Convenzionalmente le carni vengono suddivise in:
– Carnirosse: bovino, vitello, maiale, agnello, cavallo, capra e selvaggina
– Carnibianche: pollo, tacchino, coniglio.
In media, le carni bianche, hanno un contenuto proteico maggiore, anche se in realtà nell’ambito di una dieta varia, in cui vengono alternate diverse fonti proteiche, la differenza si fa irrilevante. Sul fronte dei grassi la distinzione non è così netta e dipende non solo dal tipo di carne, ma anche dal taglio utilizzato. Se infatti, il petto di pollo è sicuramente la carne più magra, con 1 g di grassi ogni 100 g, a seguire troviamo la fesa di bovino, che appartiene alle carni rosse, mentre la coscia di pollo, benchè carne bianca, ha un contenuto in grassi maggiore.
La classificazione tra carni rosse e bianche si fa invece più interessante se andiamo a vedere i dati dello IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Le carni rosse, infatti, sono state classificate nel gruppo 2A, ossia tra le sostanze “probabilmente cancerogene” per l’uomo. Questo non significa che ci ammaliamo se mangiamo un filetto o la fiorentina, ma che un consumo eccessivo di carne rossa, può aumentare il nostro rischio di sviluppare un tumore, che, ricordiamolo sempre, è una patologia multifattoriale e mai legata al consumo di un cibo specifico.
E le carni bianche? Ad oggi gli studi si sono concentrati solo sulle carni rosse, ma possiamo ipotizzare che, per le loro caratteristiche nutrizionali, tra cui un minor contenuto in ferro, il consumo di carni bianche incida in modo meno significativo sull’aumento della probabilità di insorgenza tumorale.
Alla luce di tutte queste informazioni, come ci dobbiamo comportare nella pratica? Il suggerimento è quello considerare la categoria carne nel suo complesso e tendere sempre più ad un comportamento attinente a quanto riportato dalle linee guida che chiedono di non superare i 300 g di carne, tra rossa e bianca, a settimana. Nei quantitativi adeguati il rischio tumorale legato al consumo di carne non sussiste e anzi, nelle giuste dosi, ne sfrutteremo al meglio le proprietà nutrizionali.
Per quanto riguarda le carni processate, ossia quelle sottoposte ad affumicatura, essicazione, salatura, o aggiunta di conservanti (in particolare nitriti e nitrati) come i salumi, le salsicce, la carne salada e i wurstel, lo IARC ha emesso un verdetto più drastico, inserendole nel gruppo 1, ossia quello degli agenti “cancerogeni certi”. Anche in questo caso, si parla di aumento del rischio in funzione di un consumo eccessivo.
Il messaggio da cogliere è che, sulla base di queste evidenze, può valere la pena rivedere il nostro modo di alimentarci, cercando soprattutto di ridurre il consumo di carni processate. Ricordiamo che il panino è ottimo anche farcito con una frittata o con mozzarella e verdure grigliate.
Se poi, a questi dati, uniamo il fatto che l’attuale modello produttivo della carne non supporta la sostenibilità del pianeta e che, a fronte di un consumo eccessivo, anche le condizioni etiche relative all’allevamento degli animali non risultano ottimali, possiamo davvero riflettere sulla possibilità di cambiare qualche abitudine alimentare. Tanto più, che i nutrienti presenti nella carne, come proteine, ferro, zinco e vitamina B12 possono essere ricavati anche da altri alimenti di origine animale come il pesce, le uova e il latte.